Tutti i brand devono essere...

Dodici standard teoricamente “universali” del disegno di un marchio.

Norberto Chaves, autore AutoreNorberto Chaves Followers: 3937

Glenda Torres Guizado, traduttore TraduzioneGlenda Torres Guizado Followers: 13

Marina Cominetti, editor EditingMarina Cominetti Followers: 5

I decenni passano – quasi un secolo – e nellʼambiente professionale del brand (per non parlare dellʼambiente accademico) si continuano a sentire affermazioni sorprendenti, apertamente confutate dalla realtà. In grandi aree della disciplina, governano ancora miti difficilmente sradicabili: le superstizioni, come di concetto, non ascoltano la ragione e nemmeno si basano sui fatti.

Ecco dodici classici della mitologia professionale:

  1. Il marchio deve fare riferimento allʼattività dellʼorganizzazione o allʼidentità del prodotto.
    FALSO: in alcuni casi, sì; nella stragrande maggioranza, no.

  2. Il marchio deve includere un simbolo che integri il logo.
    FALSO: in alcuni casi il simbolo è indispensabile; in altri, superfluo; e in pochissimi casi, facoltativo.

  3. Il marchio deve essere unico, vale a dire non rispondere ai codici grafici convenzionali.
    FALSO: in alcuni casi il marchio deve essere unico; in altri, assolutamente convenzionale.

  4. In tutti i marchi, il logo deve essere manipolato, cioè devono essere state alterate le lettere o la relazione tra di esse.
    FALSO: in alcuni casi la trasgressione delle regole tipografiche o calligrafiche è utile e, in altri, dannosa.

  5. Il marchio deve essere amichevole, informale o colloquiale.
    FALSO: solo in pochissimi casi lʼinformalità del marchio coincide con il profilo ottimale dellʼorganizzazione o del prodotto.

  6. Il marchio deve essere moderno, cioè conforme ai linguaggi grafici contemporanei.
    FALSO: ciò che è caratteristico dellʼattuale "stile del periodo" è la pluralità degli stili; e alcuni brand devono essere legittimamente "classici" o addirittura "retrò".

  7. Il marchio deve aderire alle ultime tendenze grafiche.
    FALSO: solo i marchi di entità effimera possono unirsi a un linguaggio effimero; lʼobsolescenza è raramente favorevole.

  8. Il marchio deve essere "aggiornato" periodicamente.
    FALSO: la sua riprogettazione è giustificata solo quando viene rilevata la sua scarsa qualità o perdita di competitività.

  9. Il marchio deve essere "dinamico" o essere progettato per cambiare forma.
    FALSO: dovrebbe essere solo "declinabile" quando la diversità delle attività richiede sottomarchi articolati.

     

  10. I marchi devono essere conformi al profilo del pubblico.
    FALSO: il marchio deve essere conforme al profilo del suo proprietario (lʼorganizzazione o il prodotto) è ciò che si offre che dovrebbe essere attraente per i loro "target".

     

  11. Il marchio deve "vendere", cioè indurre allʼacquisto.
    FALSO: i marchi con funzione di rivendicazione pubblicitaria si osservano solo in alcuni casi di consumo impulsivo.

  12. Il marchio deve essere sintetico e ricco di significato.
    FALSO: è vero nei casi in cui le esigenze di velocità di lettura e memorizzazione sono prioritarie. In altri casi, tale requisito è superfluo.

Morale della favola...

Il design professionale di un marchio è sempre specifico, non soggetto a norme e ricette presumibilmente universali. In altre parole, ogni caso deve essere analizzato: bisogna rilevare i vincoli derivanti dal profilo strategico e le condizioni specifiche di comunicazione. Nelle dodici ipotesi precedenti, la sua falsità deriva dalla parola "tutti", cioè dallʼassegnazione dellʼuniversalità alla norma.

(Per rispondere ad alcuni commenti che mettono in discussione il senso di questo articolo, l'autore ha pubblicato un altro intitolato Le ricette per lo sviluppo di un marchio)

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La qualità grafica Il dilemma sui criteri di valutazione della qualità: formule o formazione?

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