Lo stesso e lo diverso

Per fornire una base reale all'idea di “originalità”.

Norberto Chaves, autore AutoreNorberto Chaves Followers: 3918

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Questo articolo è stato motivato da un'interessante nota di Raúl Campuzano, nel seminario di FOROALFA Tipología de Marcas. In essa Raúl ha messo sul tavolo i concetti di “analogia” e “identità”, basandosi su un testo di Enrique Dussel. Questi concetti compromettono direttamente l'idea di “originalità”, ricorrente nelle riflessioni sul design.

Per andare subito al punto, è necessario partire da due realtà:

  1. Tutto, assolutamente tutto, sia esso un fatto naturale o un'opera dell'uomo, è inscritto in uno o in un altro paradigma che associa tutto ciò che condivide una o più caratteristiche. L'unicità non è un fatto della realtà e il cervello non la concepisce.
  2. Ma nulla, assolutamente nulla, è identico a qualsiasi altro membro del suo paradigma. L'uguaglianza è una categoria esclusivamente logico-matematica.

E questa realtà è alla portata della mente umana, che può cogliere, contemporaneamente, l'uguale e il diverso in ogni fatto reale. Conoscere un oggetto significa inscriverlo nell'universo dei suoi analoghi e, allo stesso tempo, rilevarne le differenze rispetto a tutti loro. Tutti i valzer sono valzer, ma non ce ne sono due uguali. E questo è fondamentale, poiché il genere (“valzer”) fornisce le linee guida per l'interpretazione del brano (Il Danubio Blu). L'identità di tutto ciò che esiste si trova nel punto di intersezione di questi due assi: la somiglianza e la differenza.

E questo vale anche per lo stesso oggetto. Non so quante interpretazioni del Danubio blu ci siano state finora, probabilmente diverse migliaia. Potremmo trovarne due identiche? Illustriamo questo aspetto con un evento contemporaneo. Un'orchestra registra questo valzer per un editore e il giorno dopo lo esegue dal vivo, sotto la stessa direzione. Shazam, che ha memorizzato la versione registrata, non la riconosce quando ascolta il concerto. Cosa è successo? Semplicemente, la memoria acustica di Shazam è fine come o più dell'orecchio di un amante della musica; e il valzer che il sistema stava ascoltando non corrispondeva a quello rimasto nella sua memoria. Niente è uguale, nemmeno per se stesso. E se vogliamo trovarlo, non ci resta che cercarlo nella produzione industrializzata, che ha trasformato l'oggetto in serie. In altre parole, l'imbroglio.

Tutto ciò che è stato detto fino a questo punto è un'ovvietà, ma nel XX secolo l'asse dell'uguaglianza è entrato in crisi. In seguito ai grandi cambiamenti nelle arti, nell'architettura e nella produzione industriale (che hanno imposto la nascita del design), si è diffusa, tra le altre, l'espressione “rottura culturale”. L'espressione intendeva sottolineare la radicalità di questi cambiamenti. In realtà, si tratta solo di una metafora che, se presa in senso lato, porta all'errore di supporre che nella cultura sia possibile produrre “da zero”. Nella cultura la rottura è impossibile. La nozione di “rottura culturale” trascura uno di questi due assi.

Durante una riunione del Consiglio di Amministrazione dell'ADG (il gruppo grafico di Barcellona) con Milton Glaser, un collega gli chiese la sua opinione sui “nuovi linguaggi grafici”. Glaser - del cui talento creativo nessuno dubita - rispose: “nuovo” e “linguaggio” sono termini incompatibili; perché se il linguaggio è nuovo, il messaggio non viene compreso. Una verità schiacciante: tutti i linguaggi mutano, ma nessun linguaggio nasce dal nulla.

Nei settori della produzione culturale, la mancanza di familiarità con i discorsi teorici (antropologia, linguistica, semiotica, storia della cultura...) e la loro limitazione al discorso colloquiale, ha permesso il fiorire di nozioni arbitrarie, derivate più dalla volontà che dalla ragione. E questa volontà è spinta dal mito del “progresso culturale”; un mito che è stato sufficientemente smontato da vari filoni delle scienze sociali e della filosofia.

In breve – e per riprendere la riflessione di Campuzano – non è una questione di “singolarità” ma di “grado di singolarità”. Prodotti di design eccellenti sfiorano lo standard, sono inscritti nella “piccola differenza”; e altri, altrettanto eccellenti, si avvicinano all'inedito, senza smettere di riconoscere “ciò che sono”.

Sia la somiglianza che la differenza sono caratteristiche inesorabili. Il talento del creatore sta nell'individuare la giusta via di mezzo in ogni caso. Nel design, l'unicità non è un mandato ma, da un lato, un risultato inevitabile e, dall'altro, un obiettivo “dosabile”.

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