Il designer, un equilibrista professionista

La difficile capacità di affrontare la novità di ogni caso e, allo stesso tempo, rispettare i codici di comunicazione affinchè il messaggio sia compreso.

Raúl Belluccia, autore AutoreRaúl Belluccia Followers: 927

Madeleyn Mendoza, traduttore TraduzioneMadeleyn Mendoza Followers: 17

Marina Cominetti, editor EditingMarina Cominetti Followers: 5

Ogni volta che qualcuno commissiona un lavoro a un graphic designer, è perché ha bisogno di un nuovo materiale di  comunicazione o di migliorare quello che già possiede. Il designer introduce sempre qualcosa di nuovo, in piccole o grandi quantità, a seconda delle necessità, per questo è solitamente visto (e spesso vede sé stesso) come l'innovazione personificata.

La comunicazione pone i suoi limiti

Tutti i materiali comunicativi appartengono a un tipo o genere esistente e socialmente riconoscibile. Ad esempio, è possibile identificare le categorie «scatola per medicinali» o «scatola di cioccolatini» come appartenenti a un set o un genere più ampio: «scatole per prodotti»; e questo gruppo, a sua volta, come membro della grande famiglia del «packaging». Questi tipi e sottotipi sono andati formandosi nel tempo, alcuni più chiaramente di altri, ed è praticamente impossibile trovare casi di materiale comunicativo inclassificabile (cioè, non appartenente ad una categoria).

Troviamo quindi opuscoli promozionali, manuali per le istruzioni, marchi commerciali, etichette di liquori, riviste per bambini, siti web di agenzie viaggio, cartelli stradali, moduli e formulari, bollette, riviste sportive, programmi cinematografici, programmi di concerti, contenitori di caramelle di alta qualità e centinaia di altri materiali grafici. Durante la lettura dell'elenco, è facile evocare ogni tipo. E perché? Perché ognuno ha alcune caratteristiche comuni che fungono da codice o convenzione.

Sono diversi gli elementi che ci permettono di riconoscere ogni materiale grafico: il tipo di immagini o disegni, l'inquadratura, la selezione tipografica e il modo di organizzarla, l'uso del bianco, i colori e persino i  materiali, le forme, le dimensioni e la qualità dei supporti.

Grazie alle ricorrenze convenzionali, possiamo differenziare da lontano, ad esempio, le lattine di birra dalle lattine di bevande analcoliche1; o distinguere un opuscolo istituzionale da uno promozionale; o una rivista da un giornale; o un poster2 di denuncia sociale da un manifesto di balletto classico «solo guardandoli» (cioè senza leggere le loro informazioni).

Dobbiamo essere vigili perché gli stili grafici che identificano ciascun genere sono mutevoli, anche se quasi sempre lentamente (oggigiorno chiunque veda un poster di Toulouse Lautrec direbbe che quello «è» un poster, anche se non sa che è stato fatto cento venti anni fa). In altre aree le ondate di cambiamento sono più brevi.

Sebbene esistano casi difficili da classificare, il designer deve essere un esperto nel riconoscere i tipi e i generi e nel rilevare i codici stilistici e le particolarità di ciascuno, poiché difficilmente sarà un lavoro che non si inserisce in un tipo preesistente. Non conosco alcun caso in cui sia conveniente ingannare il pubblico alterando i codici del genere per indurli a commettere un errore o per rendere loro difficile capire il messaggio.

Destino da equilibrista

Nella stragrande maggioranza dei casi, il graphic designer si trova di fronte a una duplice sfida e di senso opposto, che è forse la più grande difficoltà di questa professione:

  1. da un lato deve rispettare i codici del genere di ciò che sta progettando (non è appropriato che una scatola di cioccolatini venga confusa con una scatola di matite, o che il sito di un'orchestra di musica barocca sia confuso con quello di un'orchestra jazz, o con quello di un circo; e per essere più fini ancora, non si dovrebbero disegnare nella stessa maniera il sito di un circo classico e quello di uno contemporaneo).
  2. dall'altro lato, è obbligato a disegnare un caso che, come ogni caso di design, ha esigenze e bisogni propri ed irripetibili. Deve progettare «questa» scatola di cioccolatini, per un cioccolato che ha «questo» posizionamento distintivo, «questo» prezzo, «questa» qualità, «questo» nome, per «questo» cliente, che ha «questi» concorrenti, per «questi» pubblici che vivono in «questi» paesi; deve progettare, in breve, situazioni particolari.

Probabilmente, questa doppia richiesta di equilibrio tra il generico e il particolare —a volte vicino alla schizofrenia—, ce l'ha anche il musicista che vuole fare una cumbia nuova. Come si può notare, nella frase «cumbia nueva» c'è una contraddizione che sfida l'attività creativa: comporre qualcosa che è riconosciuto come cumbia e che è diverso dalle altre cumbias. La stessa apparente contraddizione si presenta al professionista che deve progettare un «nuovo marchio», un «nuovo contenitore per cioccolatini» o una «nuova rivista per un'organizzazione politica».

Disegnare è difficile perché devi sempre combinare positivamente bisogni divergenti. È come l'equilibrista che gestisce la sua lunga canna in modo da non cadere dalla corda né da un lato né dall'altro, dal momento che da qualsiasi parte lui cada l'impatto sarà doloroso. Ouch!

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