Privilegio e impegno del graphic design

La progettazione visiva è una progettazione per il cervello, il nostro organo più complesso che governa tutte le nostre attività e le nostre azioni. I nostri occhi insieme al cervello fanno un tutto.

Joan Costa, autore AutoreJoan Costa Followers: 2607

Roxana Degiovanni, traduttore TraduzioneRoxana Degiovanni Followers: 0

Marina Cominetti, editor EditingMarina Cominetti Followers: 5

La progettazione visiva per i nostri occhi costituisce, oggi, il mezzo fondamentale della comunicazione sociale. Il suo progetto più nobile è lavorare per migliorare il nostro ambiente visivo, rendere il mondo intelligibile e aumentare la qualità della vita; fornire informazioni e migliorare le cose; diffondere cause civili e di interesse collettivo e la cultura. La sua specificità come disciplina è quella di trasmettere “sensazioni, emozioni, informazioni e conoscenza”.

Però il design o progettazione grafica può anche fare esattamente il contrario: sedurre a favore di ideologie e fondamentalismi; fomentare il consumismo selvaggio e alienante; generare caos e contaminare lʼambiente urbano; essere complice del disprezzo delle entità culturali e della libertà individuale e collettiva.

È a causa di questa ambivalenza del design come strumento di comunicazione privilegiato (nel bene e nel male), che il suo esercizio ha così tante implicazioni: economico, politico, tecnico, culturale, sociale ed etico. La grafica è legata allʼindustria e al commercio, e quindi allʼeconomia; ai mezzi audiovisivi, alla cultura e anche alla politica; al marketing e al consumo; allʼestetica e alla semiotica; alla scienza della comunicazione e, quindi, alle scienze umane e alle nuove tecnologie.

Questo è il campo di forze in cui la progettazione grafica è registrata e definita oggi, e ciò che rende la sua specificità e specializzazione rispetto alle altre discipline del design. Mentre tutti i prodotti e manufatti industriali e le realizzazioni urbane e architettoniche, passano “prima” attraverso gli occhi, in quanto sono oggetti visibili nellʼambiente; e se sono fatti per le funzioni pratiche dellʼ “azione” umana (operare, manipolare, muovere, lavorare, ecc.), non devono invece comunicare “informazioni” e trasmettere “conoscenza”.

Ma il dilemma e la distinzione critica – ed etica? – è agli estremi: tra design come comunicazione (che fornisce alle persone le informazioni necessarie in qualsiasi area della vita sociale) e design di persuasione (che cerca di convincere, sedurre in modo che le persone comprino le cose e votino per le persone, o attribuiscano alle ideologie).

Alcune voci si sono già fate sentire, insieme alla nostra che è stata una delle prime, sulla base di questo dilemma essenziale.1 “Troppa energia di progettazione grafica viene spesa per la promozione di un consumo insignificante e poca energia per aiutare le persone a comprendere un mondo sempre più complesso e fragile”.2 Ken Garland aveva già scritto che “Ci sono occupazioni più meritevoli delle nostre capacità di risolvere dei problemi. Una serie senza precedenti di crisi ambientali, sociali e culturali richiede la nostra attenzione. Ci sono molti interventi culturali, campagne di social marketing, libri, riviste, mostre, strumenti educativi, programmi televisivi, film, cause di beneficenza e altri progetti di progettazione delle informazioni che necessitano urgentemente della nostra esperienza e del nostro aiuto”.

Mentre lo scopo del graphic design è la “comunicazione”, la disciplina ha il suo “linguaggio”. È il linguaggio di base dellʼimmagine e del testo, o quello che abbiamo chiamato il linguaggio “bimedia” (iconico e tipografico), che organizza la collaborazione espressiva di immagini e testi. Questo linguaggio essenziale della grafica ha dato origine a sviluppi tecnici e ramificazioni, come i linguaggi dei colori, i segni funzionali, i simboli della scienza e della tecnologia, i grafici – che costituiscono il linguaggio degli schemi – e la digitalizzazione. Sono nuovi elementi – alcuni concettuali e altri tecnici – che non sono classificati nel dualismo fondamentale immagine-testo, perché non sono né lʼuno né lʼaltro. E vengono a completare ed espandere il repertorio delle risorse di comunicazione del graphic designer contemporaneo.

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  1. Véase: J. Costa, Manifiesto por el Diseño del siglo XXI, revista D-X, nº 4, octubre 1998, México.
  2. Rick Paynor, editor@adbusters.org
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