Come riconoscere un oggetto di design?

Troppo spesso sentiamo usare il concetto “di design” a sproposito, quando è corretto usare questa espressione? Quali sono le differenze tra “di design” e “non di design”?

Davide Andreis, autore AutoreDavide Andreis Followers: 10

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Come riconoscere un oggetto di design?
Cavatappi Alessi
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Spesso parlando con colleghi, passeggiando per le vetrine del centro o per i mercati rionali sentiamo usare l'espressione “di design” e ci chiediamo se venga usata correttamente o a sproposito. Come sappiamo cos'è il design? Come possiamo giudicare un oggetto non di design? È un appellativo estetico o una questione di firma?

Ci aiuta in questo una delle figure fondamentali del design italiano: Bruno Munari, che scrisse un libro Artista e designer (Universale Laterza, 1971), per poter capire e comunicare quali fossero le grandi differenze tra l'attività di chi produce oggetti e chi produce oggetti di design.

All'inizio del novecento la figura del designer non era ben definita, i confini tra le figure di artista, designer e architetto erano labili e spesso confusi. Questi creativi, soprattutto gli artisti, dagli anni venti dello scorso secolo, iniziarono a modificare le tecniche e gli approcci che per secoli avevano definito l'arte visiva creando nuove avanguardie artistiche. Non tutte le sperimentazioni produssero però rivoluzioni pronte a cambiare e scrivere la storia dei movimenti. Nacque quindi l'esigenza di identificare alcuni ruoli specifici per le nuove scienze.

Munari ebbe un approccio innovativo per distinguere in due categorie l'arte dividendola in pura e applicata.

  • arte pura: è per l'autore identificata nella scultura, nella pittura e in tutte quelle forme esposte al muro (o appoggiate su basamenti);
  • arte applicata: nasce secondo l'autore come adattamento a funzioni pratiche delle forme preesistenti nella mente dell'artista.

Per capire meglio prendiamo in analisi due oggetti: per la prima, emblematico è l'orinatoio di Marcel Duchamp (1917), il quale siamo tutti concordi nel definire arte. Per la seconda (arte applicata) l'esempio che porta il designer italiano è il posacenere progettato per le linee aree Air-India disegnato da Salvador Dalí. L'artista progettò un posacenere il cui motivo principale è rappresentato da un elefante in stile surrealista che se capovolto diviene un cigno. Esteticamente rivoluzionario, ma siamo sicuri di poterlo definire “oggetto di design”?

Orinatoio di Marcel Duchamp. Fonte: Wikipedia.
Posacenere progettato per le linee aree Air-India disegnato da Salvador Dalí. Fonte: Expertissim.com

La risposta breve è no. Ma perché?

Oggi più che mai è chiaro che il designer è chiamato a risolvere un problema ogni volta che si approccia alla progettazione. Che questo sia di comunicazione visiva, di oggetti, di spazi vivibili, di identità o di esperienza utente, il problem-solving è l'aspetto che più lo distingue dall'attività dell'artista. Il designer è un progettista, una figura dotata di senso estetico e doti progettuali che mette a disposizione della comunità.

Il concetto di soluzione a un problema attraverso la forma Munari lo ricalca dalla scuola del Bauhaus di Walter Gropius, il quale all'inizio dello scorso secolo ebbe come obiettivo quello di “creare una nuova gilda di artigiani, senza le distinzioni di classe che innalzano un'arrogante barriera tra artigiano e artista”. Secondo Louis Sullivan, architetto americano della scuola di Chicago spesso accostato alla didattica del Bauhaus, “la forma deve seguire la funzione”. Questo significa che nel design una forma deve essere sempre applicata per rendere più agevole possibile la sua funzione piuttosto che assecondando un suo presunto fascino estetico. L'utilità deve essere essenziale in ogni progetto.

Cosa succederebbe allora utilizzando (o solo interagendo) con il posacenere progettato e realizzato da Salvador Dalí?

Nonostante l'oggetto sia stato soggetto a produzione di massa questo non basta, come abbiamo visto, a identificarlo come “oggetto di design”.

Immaginiamo il posacenere: la funzione principale è senza dubbio raccogliere. Ma un oggetto così esteticamente interessante non vogliamo solo ammirarlo, abbiamo la necessità di scoprire per vedere l'intenzione dell'autore, come in un'illustrazione gestaltica. Con l'oggetto vogliamo interagire e scoprire tutte le sue forme, facendolo però dobbiamo capovolgerlo rendendone vano l'utilizzo, per questo non possiamo definirlo “oggetto di design”.

Definire un pezzo d'arredo, un elettrodomestico, un progetto grafico o un prodotto di disegno industriale “oggetti di design” significa che vi abbiamo riconosciuto alcune caratteristiche: sono fabbricati industrialmente, sono funzionali, cio è adatti alla finalità per cui sono stati concepiti, comprendono una lunga fase di studio e ricerca, e hanno una forma originale, semplice, priva di decorazioni superflue e funzionale.

Un “oggetto di design” nasce da ricerche approfondite sui materiali, sui processi industriali, sul mercato, sull'usabilità, sulle innovazioni tecniche di produzione, stoccaggio, trasporto, vendita, utilizzo e fine vita del prodotto.

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